AUMENTO DEL CANONE DI AFFITTO: COME AVVIENE L’ADEGUAMENTO ALL’INFLAZIONE

Generalmente, il padrone di casa non può chiedere un aumento del canone all’inquilino per l’intera durata del contratto d’affitto.

Una richiesta di questo tipo risulterebbe illegittima.

L’unico caso in cui il padrone di casa può chiedere un aumento del canone di locazione, in corso di esecuzione del contratto, è per adeguarlo all’inflazione secondo gli indici Istat.

Infatti, nel momento della stipula di un contratto di locazione, le parti possono inserire una clausola che preveda l’adeguamento all’inflazione dell’affitto.

Aumento del canone di locazione: come può venire richiesto?

L’aumento può essere pari al 100% dell’indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Le parti sono libere di concordare che l’aggiornamento del canone avvenga automaticamente, di anno in anno, oppure su richiesta del padrone di casa.

Nel primo caso, il locatore può pretendere l’aggiornamento in qualsiasi momento ed ha, inoltre, il diritto ad ottenere eventualmente anche gli arretrati degli ultimi cinque anni; nel secondo caso, è invece necessaria una richiesta esplicita.

La domanda di adeguamento del canone all’inflazione può avvenire anche informalmente, con lettera semplice o con richiesta verbale.

L’aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta.

 

Adeguamento del canone di locazione all’inflazione: come avviene

Di norma, la clausola di aggiornamento del canone di affitto all’inflazione fa riferimento agli indici pubblicati dall’Istat. In alcuni casi è, però, possibile prevedere anche criteri differenti, purché rispettino determinate clausole ovvero:

  • non devono comportare uno squilibrio contrattuale eccessivo a vantaggio del locatore;
  • non devono nascondere l’intento di aumentare illegittimamente il canone oltre l’inflazione stessa.

L’adeguamento del canone di affitto all’inflazione può essere:

  • fino al 100% della variazione Istat nei contratti di locazione a canone libero (ossia quelli di durata di 4 anni più altri 4 di rinnovo automatico);
  • fino al 75% della variazione Istat nei contratti di locazione a canone concordato (ossia quelli di durata di 3 anni più altri 2 di rinnovo automatico). Gli accordi locali possono però prevedere un limite più basso.

    Aumento del canone di inflazione: i casi della cedolare secca e degli immobili ad uso commerciale

    La cedolare secca è un’aliquota fissa introdotta nel 2011 che sostituisce le altre tasse dovute sulle locazioni.

    Nel caso di contratti di affitto con cedolare secca, il locatore non può chiedere l’aggiornamento del canone all’inflazione accertata dall’Istat, infatti:

    • per il proprietario di una casa in affitto, questo è un modo per avere una tassazione agevolata;
    • per l’inquilino rappresenta la sicurezza di non vedersi aumentare l’affitto per tutta la durata del contratto, compresa l’eventuale proroga ed incluso l’adeguamento alla variazione Istat.

    L’aumento del canone per immobili ad uso commerciale è vietato. Nella locazione ad uso commerciale infatti è nulla ogni pattuizione che aumenti il canone già determinato e previsto a contratto. Tale divieto è sancito dall’articolo 79 della legge sull’equo canone.

    *Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.

    Articolo tratto da “Immobiliare.it”

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